Condannato perché denuncia l’illegalità. L’incredibile caso di un blogger romano
UMBERTO CROPPI SU HUFFINGTON POST
Il business delle affissioni è un fenomeno che contribuisce al degrado estetico (e non solo) di tutti centri urbani da Roma in giù. Nella capitale il fenomeno ha però raggiunto proporzioni drammatiche. I grandi impianti pubblicitari invadono ormai ogni porzione del territorio. Una percentuale altissima di questi sono totalmente illegali. A differenze delle anonime affissioni abusive di manifesti che coprono ogni superficie libera, gli impianti speciali recano ben visibili le indicazioni della concessionaria che le ha istallate e le gestisce, ricavandone utili altissimi in regime di evasione totale. E’ un requisito indispensabile per i giustificativi che questa deve fornire ai clienti.
Nonostante tale evidenza l’attività viene sostanzialmente tollerata. A questo poi si aggiunge il dilagare delle posizioni “autorizzate”, fuori da ogni logica, con conseguenze gravi per il decoro e per l’incolumità dei passanti e dei guidatori: ci sono stati anche casi di decessi provocati dai cartelloni sporgenti. Dietro tutto questo c’è un business sommerso gigantesco.
Contro lo scandalo delle affissioni c’è una sola voce che si leva con assiduità, quella del blog Cartellopoli, il cui titolare è Massimiliano Tonelli, giornalista noto per ben più autorevoli attività, è il direttore della rivistaArtribune e collaboratore del Gambero Rosso.
Un lettore del blog pubblica una foto in cui immortala se stesso nell’atto di rimuovere un cartello abusivo. La ditta proprietaria dell’impianto (abusivo) chiede il sequestro del sito e la sua richiesta viene immediatamente accolta. Tonelli fa istanza di dissequestro e, per tutta risposta, viene indagato e rinviato a giudizio per istigazione. Nell’udienza il pm si pronuncia per la sua assoluzione ma, nonostante questo, subisce una condanna a nove mesi.
La storia sembra tratta pari pari dal film sul Marchese del Grillo, che fa condannare l’ebanista ebreo suo creditore per dimostrare in che stato versa la giustizia pontificia nella Roma del ’700. Eppure è accaduto in un tribunale della Repubblica solo pochi giorni fa.
La cosa ancora più rimarchevole è che l’episodio sia caduto nel totale silenzio dell’informazione; solo dopo il tam tam della rete le cronache romane della grande stampa hanno registrato per un giorno la notizia, che è tornata subito nell’oblio.
E’ stridente il contrasto con altri casi di condanna a giornalisti che hanno tenuto occupate per giorni le prime pagine dei quotidiani.
Queste righe le scrivo, oltre che per ribadire la mia solidarietà a Tonelli, per non far cadere la notizia nel dimenticatoio e nella speranza che si riesca a tener viva e far crescere l’attenzione sull’incredibile episodio di giustizia inversa e sul grave fenomeno che ne è all’origine.